La perla; prima fra tutte le cose preziose.
Plinio il Vecchio la definiva, nei suoi trattati, “prima fra tutte le cose preziose“. Il valore della perla crebbe a tal punto da farla diventare vera e propria monete di scambio: in assenza di monete universalmente riconosciute le perle divennero, con il diamante e lo smeraldo, il mezzo per regolare scambi commerciali, per pagare i viaggi o per riscattare una vita.
Per i filosofi stoici, che perseguivano virtù di autocontrollo e distacco dalle cose terrene per raggiungere la vera integrità morale ed intellettuale, le perle simboleggiavano il potere ed il lusso essendo talmente costose da esser appannaggio dei soli ricchi.
E non bastò l’avvento del Cristianesimo per cancellare questa predilezione per il gioiello: esso continuò a ornare vasi da chiesa e paramenti sacri e, nel Medioevo, in Russia, abiti e stivali.
Secondo Plinio “perla” deriva da perna (conchiglia che produce la madreperla) oppure da perula (piccola bisaccia) o da pirula (perina). Il nome arabo della perla è giohar oppure gioman sciazz; la perla rosa si chiama nard. In Grecia era detta margarita dal sanscrito mangala (pietra preziosa) o hārā. Gli antichi, infatti, la ritenevano tale non consapevoli della sua natura animale.
Oggi si sa perfettamente cosa è e come nasce una perla: strati calcarei che si depongono attorno a un parassita o a una particella irritante, prodotti dall’ostrica perlifera, pinctada o margheritifera. Essa vive nei mari caldi ad eccezione della specie Unioche predilige le acque dolci. Si trovano perle sferiche od ovali, regolari o informi, all’interno dell’ostrica o attaccate al guscio (perle a vescica), bianche, nere, rosa, azzurre, gialle. La perla è composta di carbonato di calcio. Spesso la deturpano difetti quali una superficie troppo schiacciata, un colore giallastro o, al contrario, una bianchezza eccessiva, la mancanza di peso, di splendore o le varie ineguaglianze di superficie.
L'utilizzo della perla a Roma, narra lo scrittore latino Plinio il Giovane, è da imputare principalmente a Pompeo il quale vinse nel 63 a.C. il re dei Parti Mitridate e riportò a Roma un eccezionale bottino di anelli, bracciali, orecchini e monili ornati di perle, facendoli diventare da quel momento di gran moda.
La perla fu molto amata a Roma, tanto da giungere a delle vere ridicolaggini: Pompeo si fece fare un ritratto interamente composto di perle; Nerone ne faceva ricoprire i letti, per non parlare del Pranzo offerto da Eliogabalo, che si protrasse per ben dieci giorni e vide, quali portate, riso alle perle, fagiolini all’ambra, piselli all’oro e, massima raffinatezza, perle disciolte nel vino. La trovata non fu del tutto sua: la regina Cleopatra, celebre seduttrice, che di gioielli non era sfornita, usava brindare alla salute di Marc’Antonio e dilapidò migliaia di sesterzi. Ma non contenta, come ultimo capriccio, una tomba tappezzata di perle.
I vincitori dei giochi sportivi ricevevano perle in dono. Anche le donne ne erano naturalmente avide; ma poiché le perle più grosse erano diventate il distintivo delle prostitute, le mogli per bene adottarono dei pendenti formati da esemplari più piccoli, detti appunto “le perle della rispettabilità“. Diffusissime nella Roma Imperiale erano delle tazze ornate di perle.